“Ebbene si, ce l’ho fatta` Oppure: “e ora cosa faccio”? Dipende dall’atteggiamento di ciascuno di noi che, al momento della pensione, può interpretare questo snodo inevitabile come la porta della vecchiaia, oppure come recupero della libertà.
Leggi tutto “Un passaggio inevitabile: la pensione.”50 anni di internet
50 anni di internet
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Quello che vuole la tecnologia
Quello che vuole la tecnologia
Quello che vuole la tecnologia
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La sfida dell’autonomia.
Le 10 tecnologie emergenti del 2019 secondo il World Economic Forum
Le 10 tecnologie emergenti del 2019 secondo il World Economic Forum
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Quando non esistevano.
Smartphones ed affini.
6 luglio, 2019 di Romina

Riporto uno stralcio di questo post. Non per nostalgia dei tempi andati: non credo a tempi migliori o peggiori. Solo credo che l’equilibrio sia una meta difficile da raggiungere ma importante. Quando devi scrivere e dare una risposta che viaggia per settimane o giorni, devi ragionarle per evitare fraintendimenti. Avete notato quanto sia facile essere fraintesi o fraintendere con un normale messaggino?
Quando non esistevano gli smartphone e l’adsl, le comunicazioni erano più lente e perciò i rapporti interpersonali suscitavano alcune emozioni forse sconosciute agli adolescenti di oggi. Incontrarsi con amiche e amici, darsi appuntamenti, rendersi rintracciabili erano tutte operazioni che avvenivano senza l’eterna presenza di cellulari, whatsapp e simili. Esisteva un’intensa vita di relazione, declinata in forme differenti rispetto al presente.
Ad esempio, non c’era l’opportunità di scattare fotografie in ogni secondo della propria esistenza e di postarle, a qualsiasi ora del giorno e della notte, su Instagram o Faccialibro. E forse è quasi superfluo aggiungere che non si perdeva tempo a fotografare infinite immagini di cibi e bevande – pizzette, calici di vino, piattini di pesce e alimenti vari. Non si sprecavano i limitati scatti delle vecchie pellicole per cose di questo genere: le fotografie, infatti, erano oggetti un po’ preziosi, proprio perché non immediatamente fruibili, e guardarle in compagnia costituiva un piccolo avvenimento. Il dato interessante è che non stiamo parlando di molti anni fa.
Ecco, qualche volta è bello e fonte di calde emozioni non poter avere tutto e subito.
Cosa piace di più delle ferie: quale è il senso?
Sono in ferie da qualche giorno e apprezzo diverse cose di questo periodo, per altro in una località gradevole. Ovviamente tutto concorre per trascorrere buone ferie: cibo, bellezza del luogo, comodità varie, possibilità di scoprire, viaggiare. Cosa però ci piace di più? Per cosa lasciamo le nostre case, ci assentiamo dal nostro lavoro?
Leggi tutto “Cosa piace di più delle ferie: quale è il senso?”Elogio della costanza.
Costanza, assiduità, perseveranza, stabilità, tenacia, saldezza, fermezza; e ancora: accanimento, ostinazione, pervicacia, continuità, coerenza e molti altri termini. Tutte accezioni che indicano il fermo proposito nel mantenere un impegno, di ripetere un atteggiamento o una situazione, generalmente in prospettiva di un risultato da conseguire.
Ma, come la mettiamo se noi non siamo così costanti? Il crogiuolo di contraddizioni che ci caratterizza, l’irrequietezza di cui siamo autentici campioni, mi inducono a ritenere che costanti non lo siamo proprio. La nostra instabilità è proverbiale e, forse in linea di massima è meglio così. La mutevolezza alla fine è un adattamento, una condizione necessaria per resistere, per riciclarsi, tentare nuove vie.
È anche vero però che il risultato è determinato si da una dote innata che si può avere, ma una grossa componente è data proprio dalla costanza. Ricordo bene quante volte ho dovuto ripetere le mosse di judo per acquisirle in automatico, e con quanta disciplina ho dovuto ripetere le materie giuridiche in vista di un esame. Come si conciliano dunque i 2 aspetti: costanza o incostanza? Decisamente l’elemento catalizzatore, il motore, la molla, è la passione. è lei che ci rende folli, irrazionali: se ci appassioniamo, ogni mezzo è utile e lecito pur di conseguire uno scopo, pur di raggiungere la Meta. Alla passione, al suo potere e fascino, vorrei dedicare un altro ennesimo elogio;
ma, riprendiamo il tema Costanza. Si tratta di una vera e propria dote che hanno i campioni, le persone speciali e, infatti, la costanza premia sempre chi la pratica. Il pianista percorre imperterito la tastiera del suo piano per ore, l’atleta percorre lo stesso percorso, la stessa vasca in piscina mostrando una disciplina fuori dal comune. La componente della dote innata esiste ma, se non fosse supportata dalla costanza, andrebbe irrimediabilmente sprecata. Capaci si quindi, ma costanti perchè ogni dote va opportunamente allenata.
Campi di patate… e panchine rotte e per disabili e anziani
Amo la mia città: grigia, anonima, nebbiosa, afosa. Ma è la mia città e per questo cerco di dare il mio minuscolo contributo.
via Campi di patate… e panchine rotte e per disabili e anziani
Ebbene si: alla fine emigro.
Un caloroso saluto, forse meglio dire un rinfrescante saluto? a tutti i miei followers. Non mi sono mai direttamente rivolto a voi anche se siete una delle ragioni più importanti di questo blog: sgangherato, non accattivante e originale dal punto di vista estetico; ma il Mio blog.
Il titolo è, diciamo, simbolico. Emigro si ma non vado alle Maldive o a Tenerife. Semplicemente sposto il blog da wordpress’com a wordpress’org.
Cosa comporta questa transumanza? Sembra facile: cambi provider e loro ti trasferiscono gli articoli, i commenti, le impostazioni e, e i tuoi followers. Ah perfetto! faccio il tutto dopo ripensamenti, paghi subito, certo, porti gli articoli “ah ecco, dovrai reimpostare il tema e perdi formattazione, alcune impostazioni”; pazienza! si rifa. Gli articoli arrivano, poi se ne vanno dinuovo, sono 324 e un po’ mi dispiacerebbe; tornano, ma i followers? Niente! ci sono solo io. E allora? Allora cerchi tutorials, chiedi, apri tickets. Forse ce la farò a riportarvi nel nuovo blog che poi ha lo stesso indirizzo ma, al momento non riesco ancora. Invito, nell’attesa, ad iscriversi, per gli irriducibili, tanto so che non ci sono, entrando con lo stesso indirizzo. Così scrivo ancora qui che gli articoli ancora sono automaticamente condivisi. Allora ci si ritrova lì? Speriamo!
Facebook rinnova il suo look: nuovo design su computer e su mobile
Facebook rinnova il suo look: nuovo design su computer e su mobile
https://www.pier78.net/facebook-rinnova-il-suo-look/
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Le sottilette rettangolari
Gli smartphone modificano la nostra esistenza. Cerchiamo di capire! Le sottilette rettangolari
http://condizioneumana.home.blog/2019/04/12/le-sottilette-rettangolari/
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Decidere o non decidere pari sono ?
Siamo condannati a scegliere: vado o non vado? Cosa mi metto? Anche il non decidere è una decisione. Decidere o non decidere pari sono ?
https://claudiochiaramonte.wordpress.com/2019/04/11/decidere-o-non-decidere-pari-sono/
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Vita da “il collegio”, tra reality e ricordi.
Avevo programmato di andare a dormire ma, passando in cucina per bere il solito bicchiere di acqua, ho trovato la tv accesa sul reality “il collegio”. Dopo qualche secondo di indifferenza ostentata per non cadere nella trappola della tv, sono rimasto colpito dalla potenza di questo esperimento: forse perchè anche io qualche anno dopo la data di ambientazione del reality 1961, ho frequentato il collegio sperimenhtando gli stessi metodi, le stesse dinamiche.
Per chi non lo ha visto, si tratta di un gruppetto di ragazzi dall’età variabile tra i 14 e i 17 anni, teletrasportato in un collegio degli anni 60, con tutto quello che ne consegue in termini di metodi autoritari, abitudini, dinamiche eccetera. Dei ragazzi di oggi, alle prese con gli esami di terza media di allora da superare. Dal contrasto tra quello che sono i ragazzi di oggi e le loro abitudini e il dover essere come ci si aspettava da un adolescente nei primi anni 60 il cortocircuito si è rivelato molto interessante e anche divertente, sicuramente una esperienza che doveva essere vista da genitori e ragazzi insieme. Per i ragazzi, selezionati in modo da avere uno spaccato geografico e sociale composito tra quanti si erano proposti (con l’avvallo e talora la spinta di genitori esasperati), è stato un salto indietro nel tempo che ha comportato cambiamenti anche traumatici: non solo l’obbligo ad abbandonare gli smartphone (nella prima puntata si vede il loro tentativo per aggirare l’imposizione), ma quello di adeguare ai tempi abbigliamento (tutti in divisa, e persino con la biancheria fornita dalla produzione e quindi «vintage»), pettinature (con conseguente passaggio dal barbiere), di rinunciare a piercing e trucco, cambiare regole di comportamento, studio, alimentazione, tempo libero. «Da una libertà quasi totale si sono trovati in un mondo fatto di regole.
Come hanno reagito i ragazzi? Pur con i dovuti distinguo («C’è stato di tutto: rivolte, un’espulsione, uno sciopero delle lezioni»), alla fine i ragazzi si sono adeguati e abituati. «La cosa di cui più hanno sofferto forse maggiormente è stata la lontananza dalle famiglie: alcuni non si erano mai separati dai genitori. E infatti due non ce l’hanno fatta e si sono “ritirati”; ma anche l’assenza degli smartphone: proviamoci pure noi! Per il resto, sorpresa e curiosità l’hanno avuta vinta sulle difficoltà. Oltre alla «voglia di farcela». Alla fine non solo hanno scoperto un modo diverso di rapportarsi tra loro, ma anche la forza della solidarietà e della comunità come non le avevano mai provate. «Una delle più “scapestrate” tra le ragazze ha definito l’esperimento come “l’esperienza più bella della mia vita”. E il giorno dell’addio è stato accompagnato da lacrime e abbracci. «Certo, effetto della condizione di chi vive a stretto contatto e isolato dall’esterno per un periodo abbastanza lungo, ma anche del fatto che i ragazzi a quell’età vivono le proprie emozioni in modo più intenso e senza freni né filtri». Per quanto riguarda la presenza delle telecamere, «sono state ben presto dimenticate, quasi che una generazione abituata a riprendersi e farsi riprendere non vi prestasse più alcuna importanza. Per quanto mi riguarda è stata una vera emozione: non so come reagirei oggi, forse mi ribellerei più ancora dei ragazzi ma, so anche che quella vita mi ha temprato: la solidarietà nella precarietà ne esce notevolmente rafforzata, e Dio sa quanta solidarietà manca oggi e quanta ce ne vorrebbe.
Greta e la strumentalizzazione dei “grandi”.
Riporto un articolo da Vanity Fair.it del 19.03.2019. Si può dissentire, dibattere, ma non instillare sempre il veleno dell’odio. La vergogna non è solo nei social ma in ogni parola che si sente al bar, negli uffici, nelle tv di cosiddetta opinione. Bisogna spezzare questo filo nero che sta avvolgendo troppe cose in questo mondo. E’ pericoloso voler sempre ghettizzare nel ruolo di Persona Malata: forse non è vero che l’ambiente è degradato? la globalizzazione sta uccidendo le particolarità delle culture, anche se è una persona con asperger a dirlo? Mi domando, ma dovevamo sentircelo dire da lei oppure potevamo accorgercene noi? e ancora, il fatto che molti non sappiano esattamente cosa è l’asperger o che i ragazzi che scioperano non abbiano la minima idea di cosa sia il buco dell’ozzono cambia lo scopo di questa rivendicazione? Possiamo a confrontarci sulle idee, sulle situazioni senza considerare chi le porta avanti.
Diverse persone hanno sentito la necessità di sminuire il lavoro e il carisma dell’attivista svedese, parlando della sindrome in termini scorretti. Ne abbiamo parlato con la terapista Marya Procchio dell’ASA.
«Senza l’Asperger, non avrei lottato così». Greta Thunberg, l’attivista sedicenne per il clima, ha sempre parlato della «sua» sindrome come un «dono»: «Se fossi stata come tutti, avrei potuto continuare come tutti gli altri. Avrei potuto rimanere bloccata nel social game, galleggiare nelle convenzioni e nel tran tran, e continuare come prima. Ma non posso, anche volendolo. La mia sindrome fa sì che io veda il mondo o bianco o nero, senza vie di mezzo», ha raccontato al Financial Times. «E che senta l’esigenza improrogabile di salvarlo». Eppure, i suoi detrattori l’hanno accusata di essere una ragazzina strumentalizzata (Nadia Toffa), «personaggio da film horror» (Rita Pavone), «malata di autismo» (Maria Giovanna Maglie).
«Diverse persone sentono la necessità di sminuire il lavoro e il carisma di questa ragazza, ma hanno difficoltà a parlare della sindrome in termini corretti», ci spiega la dottoressa Marya Procchio, educatrice professionale che fa parte del comitato scientifico dell’Asa (associazione sindrome di Asperger).
Che cos’è esattamente l’Asperger?
«È una neuro-diversità: il cervello di chi ha la sindrome di Asperger funziona su canali diversi, ha un modo di recepire e elaborare le informazioni diverso dalla maggioranza (neuro-tipicità). È come un sistema operativo diverso, quindi non si può guarire. Il quoziente cognitivo degli Asperger, però, non è deficitario, ma nella media o superiore a quello della maggioranza».
Qual è la sua origine?
«Non si sa ancora nulla di definitivo: i ricercatori stanno cercando di approfondire le indagini, ma per ora si pensa a una costellazione di elementi in gioco, a livello genetico, ambientale e non solo. Probabilmente non esiste una causa unica».
Asperger e autismo sono la stessa cosa?
«Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, (Dms 5) parla solo di spettro dell’autismo: la sindrome di Asperger è scomparsa. Le aree in cui possiamo riscontrare diversità o difficoltà sono le medesime: comunicazione e relazione sociale e interessi. L’Asperger è all’interno del continuum dell’autismo, ma il dibattito è ancora in corso: ci sono gruppi di genitori e specialisti che vorrebbero differenziarlo dall’autismo, in cui la qualità delle abilità comunicative e sociali è compromessa e il quoziente cognitivo può variare ed essere al di sotto, nella media o al di sopra della maggioranza».
È facile strumentalizzare un Asperger?
«In ogni persona ci sono delle diversità, ma nel suo modo di essere Asperger, Greta non può essere stata strumentalizzata: è lei ad avere scoperto la «sua» causa. Ha visto un documentario con un orso polare in difficoltà e ha rivelato che, se per gli altri quella era un’immagine come tante altre, per lei è stata la scintilla che l’ha spinta a impegnarsi. Le assicuro che molti dei ragazzi con cui lavoro sono davvero difficili da convincere, ed è molto difficile che un loro interesse possa venire strumentalizzato».
Si è anche parlato di Asperger come di una malattia. Che cosa non è la sindrome?
«Non è una malattia e non è un disturbo psichiatrico. Gli Asperger non hanno nessuna forma di deviazione sociale, non sono psicopatici, non hanno un disturbo di personalità».
Gli attacchi degli haters possono ferire Greta?
«Mi auguro che chi le sta accanto sappia tutelarla da eventuali eccessi, casomai lei dovesse risentirne, intristirsi o sovraccaricarsi. Ma lei è consapevole della correttezza della sua lotta e ben determinata sulla sua causa. Sa che il mondo non è sensibile a questa battaglia e ha messo in conto che di battersi per una questione difficile».
Sta anche aumentando la sensibilità sull’Asperger.
«Sì. Uno dei ragazzi con cui lavoro mi ha scritto che Greta «ha portato luce sull’Asperger come neuro-diversità e non come malattia». Le persone come lei possono lottare per qualcosa e fare la differenza».
di Monica Coviello
Il video youtube sull’elogio dell’ascolto.
Sull’ascolto ho scritto innumerevoli cose. Lo considero importante e determinante in molti frangenti della nostra esistenza. Condivido qui il mio ultimo video del mio canale youtube.
Conoscete l’anagramma della parola Tecnologia?
Mi piace parlare e scrivere di tecnologia: mi affascina e mi preoccupa ad un tempo. Mi affascinano, non tanto le innovazioni mirabolanti che magari poi non risultano essere all’altezza delle nostre aspettative o non così utili non rispondendo a bisogni reali ma indotti; Quanto le potenzialità che offre, remore e pregiudizi a parte. Ricordo qualche anno fa, che qualche buontempone aveva pubblicato un sito dove descriveva con una documentazione ricca e quasi credibile, l’imminente lancio sul mercato di una auto completamente autonoma, che poteva addirittura parcheggiare dopo aver raggiunto la meta; ebbene, diversi non vedenti, avrebbero già mandato la prenotazione per l’acquisto, se nessuno li avesse messi in guardia. Mi preoccupano i risvolti sociali, la vita che cambia molto più velocemente di quanto noi si possa metabolizzare. Seguo con interesse le nuove opportunità offerte a molte persone per liberare risorse che altrimenti non potevano essere espresse. Mi riferisco a diverse tipologie di disabili che ora potrebbero essere in grado di svolgere mansioni che anni fa non avrebbero neppure immaginato. Sono nel contempo preoccupato per la pigrizia mentale che le tecnologie induce, per l’impiego sempre meno massiccio della nostra memoria, per la costante distrazione e perdita di tempo che gli smartphones induconno, per il numero sempre più elevato di persone che restano tagliate fuori, per la solitudine provocata dai social. Il rischio è alto: ma voi lo sapete quale è l’anagramma della parola tecnologia? Ecco, se non risponderà a bisogni reali, la tecnologia rischia di essere una serie di cose come quell’anagramma.
Fare o non fare?
Oggi mi assilla un dubbio: ne scrivo qui perchè scrivere in un blog può servire anche a rischiarare la mente. Sono attivo in molti campi virtuali e non, partecipo a molte attività sociali di volontariato; forse a troppe. Credo che sia necessario in fondo sporcarsi le mani, impegnarsi quasi fino al limite, non lo faccio per cambiare il mondo, ma per mettere la mia goccia nell’oceano per risolvere qualche problema. Mettiamoci anche la passione per quello che faccio, la passione è una molla che ti fa compiere cose al di là della razionalità. A volte poi capita di farsi prendere un po’ la mano dall’iperattivismo con l’illusione che qualcosa cambi, che qualcosa si muova. Quando si supera il limite delle proprie forze e quando ci sono poche risorse perchè tutte già rastrellate, l’istinto sarebbe quello di fermarsi, rallentare.
Ecco, rallentare sarebbe auspicabile anche perchè, a parte l’inaridimento, la fatica, viene da pensare che per quanto uno faccia o si arrabatti, alla fine non cambia niente. Come scriveva Tiziano Terzani nel suo “la mia fine è l’nizio”, è un cerchio che si chiude: qualcosa cambia, si pensa che il progresso abbia prodotto dei risultati e ad un certo punto arriva un distruttore che cancella ogni cosa e si deve cominciare da capo. Allora meglio curare la crescita interiore? Meglio pensare a migliorare te stesso? Però, però, se pensi solo a te stesso migliori?
L’IMPORTANZA DELLA SCRITTURA NELL’ERA DIGITALE
L’IMPORTANZA DELLA SCRITTURA NELL’ERA DIGITALE
https://metismagazine.com/2019/02/01/limportanza-della-scrittura-nellera-digitale/
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Le tecnologie e il curricolo tecnologico nella scuola primaria
Le tecnologie e il curricolo tecnologico nella scuola primaria
Le tecnologie e il curricolo tecnologico nella scuola primaria
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