I primi cento anni dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti.

Il 26 ottobre del 1920 a Genova, veniva fondata l’Unione dei Ciechi e degli Ipovedenti da Aurelio Nicolodi che fu anche il primo presidente. Il 26 ottobre del 2020, sempre a Genova, il centenario è celebrato dall’annullo di un francobollo commemorativo.

Da allora i non vedenti hanno preso gradatamente coscienza delle loro capacità e opportunità, lottando per affermare i loro diritti, ma le sfide continuano…

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21 febbraio, giornata nazionale del braille.

Tra poche ore, sarà la giornata nazionale del braille che, per legge del 2007, si festeggia domani. Il sistema di scrittura e lettura braille per i non vedenti è stato fondamentale. Li ha infatti in poco tempo, portati da una situazione di totale isolamento e l’ignoranza, ad uno stato dignitoso nel quale possono essere integrati. In questo video realizzato camminando, ne parlo con un amico e mi confronto con lui sulla prospettiva di chi vede e di chi non vede.www.youtube.com/watch

Soggiorno romano: occasioni di confronto sull’accessibilità.

Ho trascorso qualche giorno a Roma, sempre emozionante per il viaggio in sè e per la qualità e quantità dei rapporti umani: chepoi sono il valore aggiunto, la dimensione più importante. Naturalmente non si è trattato di un periodo di vacanza, ma il servizio svolto mi ha fatto piacere e quindi, non è proprio pesato.

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Può forse un cieco guidare un altro cieco? la parabola dei ciechi.

“Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno entrambi in un fosso?”

Prendo spunto da questo versetto del Vangelo di Luca ma anche dal quadro “la parabola dei ciechi” di Peter Bruegel il vecchio, nonché da un video di Diego Fusaro nel quale mi sono imbattuto girellando su youtube. Ma andiamo con ordine.

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Alcuni vantaggi di essere non vedenti.

Valter con occhialini 3d

Tanto per chiarire, non sarò molto serio e il periodo di ferie mi induce ad essere leggero e giocoso. Non voglio fermarmi agli svantaggi che arreca la cecità: sono innumerevoli e cruciali: troppo facili da elencare e troppi per essere enumerati in questo articolino. Meno facile e più divertente individuare aspetti vantaggiosi di questo status, per riderci un po’ su, mandando al potere l’ironia.

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Elogio della leggerezza.

Perchè sempre ci si deve impegnare per essere migliori di quello che si è? tanto quelli che sono migliori di te tisgamano e lo sanno subito che sei peggiore e te lo fanno sapere. Tantovale essere se stessi, frase stra fatta: come se fosse semplice riuscire a strapparsi le mille maschere che indossiamo. E allora? Allora tanto vale agire come ci si sveglia, come viene. Ti senti impegnato e hai cose cruciali da dire e scrivere! bene, scrivile. Ti senti superficiale e vuoi fare e dire cose banali, frivole, insomma leggere! Va benissimo. Oggi, per dire, avevo voglia di leggere, ma libri leggeri, con storie poco significative o simboliche. E, senza indugio ho letto un libricino semplice e abbastanza breve da poterlo finire in 2 orette: il tempo di un film. Non dico neppure il titolo, non accendo neppure il pc per scrivere e mi affido all’iphone.

cosa sarebbe la leggerezza!

Sinceramente non lo so; tutto è relativo: per me è leggero un articolo di tecnologia, un racconto fatto bene, mentre per altri un giro in macchina o una cena fuori. L’importante è sentirlo come un piacere, il frutto di una scelta istintiva, senza ripensamenti. Siamo così bloccati dal senso del dovere, perlomeno io, che a volte crediamo che fare una certa cosaci possa fare addirittura piacere. Il piacere alla fine finiamo per non apprezzarlo e non capirlo pienamente. Troppi vincoli, troppi pensieri [seghe mentali], troppi rinvii, rimpianti, speculazioni ci opprimono. Siamo anche troppo dipendenti dai giudizi degli altri, non riusciamo in fin dei conti ad amarci. Chi si ama, credo, riesca a far cose impegnative o leggere perchè sa che lo fa un po’ anche per compiacersi.

Il fascino delle sfide: abbattere i muri..

L’intento di questo post, non è proprio quello di incensarmi: credo di annoverare vittorie e sconfitte, come la maggior parte delle persone comuni. Piuttosto, l’ambizione, forse, di essere di stimolo, di dare coraggio, di raccogliere le sfide col sorriso e l’ironia: strumenti potenti e indispensabili.

Perché si raccolgono le sfide!

Il perchè non me lo spiego ma, nel momento preciso in cui mi si dice “non lo puoi fare”, o peggio, “non riuscirai a farlo”, scatta l’irresistibile voglia di provarci. Poi subentra anche la curiosità, il piacere e il divertimento che suscita la sfida. Mi viene in mente il libro di Bebe Vio, campionessa paraolimpica: “se sembra impossibile, allora si può fare”. https://www.youtube.com/watch?v=PrIPl3-JfJI&t=5s E ancora un video di Roberto Mercadini nel quale afferma di avere l’indole, come dice lui, della Ignorantezza: cioè di andare contro agli ostacoli con la testa a rischio di rompersela.

Mi domando se tutto ciò è positivo o negativo? Ovviamente ci sono pro e contro. Se da una parte è stimolante racogliere sfide, dall’altra è estremamente faticoso, devi essere pronto al fallimento e a riderci sopra, non devi alimentare superbia ed invidia, ti perdi e disperdi in mille rivoli, ti innamori di troppe cose, sei a rischio scaricamento batterie. I contro sono indubbiamente tanti ma, la sfida ti condisce l’esistenza, ti obbliga a cambiare, ti fa vivere momenti esaltanti.

Infatti…

Così: quando mi si diceva che, data la mia proverbiale fragilità fisica non ero portato agli studi, ho conseguito diversi titoli. Quando mi si diceva che avrei dovuto frequentare le medie superiori in una scuola speciale, ho optato per la scuola pubblica quando era difficile frequentarla. Quando mi si consigliava una facoltà letteraria, mi sono laureato in legge quando ancora non c’erano non vedenti con quel titolo e non esistevano libri in Braille e neppure computer o registrazioni. E per arrivare ai nostri giorni: quando mi si diceva che su youtube non avrei potuto esserci, ho creato il mio canale. E’ stato difficile ed è davvero difficile. La fatica è un ingrediente amaro ma salutare: bisogna fare fatica, non averne paura, quasi quasi ricercarla. Poi ci sono le squadre, come dice Bebe Vio, cioè quel gruppo di persone che ti supportano: famiglia, amici, persone che semplicemente ti vogliono bene, perchè da soli è una noia, perchè è innaturale per noi animali sociali stare da soli.

https://www.youtube.com/channel/UC5RsBNy04k0eqK8J4x7AZrw

Se la società fosse più furba ….

Riporto un estratto da un articolo de “la repubblica”: perchè mi piacciono le iniziative originali e coraggiose e tanto meglio se provocatorie. Anche perchè davvero se la società fosse più furba, saprebbe cogliere dalle varie disabilità risorse e forze per ritemprarsi, per rigenerarsi. Chi combatte contro una disabilità, una ingiustizia, porta in sè valori positivi, è costretto a farlo e non perchè è migliore; Questi valori sono: la capacità di accettare, di lottare e di essere paziente.
La Repubblica del 08-03-2019

A spasso con Fiamma contro l’indifferenza

Fiamma Satta è una donna speciale, coraggiosa, con grande spirito di iniziativa.
«Le persone puntano a eliminare la disabilità. Quando giravo col bastone e non stavo ancora in sedia a rotelle, ai tempi del programma radiofonico Fabio e Fiamma, se andavo ospite in tv mi chiedevano: “Le dispiace se il bastone lo leviamo che non è tanto telegenico?”». Stavolta è protagonista con la sua carrozzella, si è inventata un format, A spasso con, con cui debutta domani su La7 alle 11 all’interno del programma di Myrta Merlino, che il sabato si intitola L’aria che tira- Il diario.
Va a spasso per Roma con Carlo Verdone. «Questo è un numero zero, ma la mia idea è cambiare il personaggio che mi spinge», racconta. «Non andiamo in giro a indagare, come faccio da anni sulla Gazzetta dello sport, quando denuncio l’inciviltà delle barriere o la mancanza di accessi per i disabili. Con il mio accompagnatore ci godiamo una passeggiata all’insegna della parola “inclusione”, perché la disabilità non sia più vista con compassione, paura o sospetto, ma sia considerata come un aspetto normale del vivere civile: vado al cinema, in libreria, a comprare un paio di mutande». La coppia non è passata inosservata: «Abbiamo girato a gennaio, è stato bellissimo», spiega la giornalista divertita, «pensavo che Carlo fosse più in difficoltà invece dopo dieci metri, nonostante Via Giulia sia una strada difficile, mi sono sentita sicura. Lo fermavano ogni dodici secondi, non c’erano le barriere architettoniche ma quelle umane. Ho scoperto quello che già sapevo, che è amatissimo». E con lei come si comportavano? «Con me erano incuriositi, non capivano bene cosa stessimo facendo, c’erano due operatori ma non giravamo un film».

“A spasso con” è una passeggiata contro il cinismo e l’indifferenza.
«Cosa vorrei che arrivasse al pubblico? Che la disabilità fa parte della vita, non si deve fare finta di niente, non bisogna voltarsi dall’altra parte. È ora di cambiare, stiamo tornando indietro col razzismo e l’emarginazione; è un momento difficile, lo sguardo si posa sempre su chi è diverso. Nella mia visione del mondo il disabile è portatore di forza. Chiunque stia combattendo è portatore di valori positivi, perché ha la capacità di accettare, lottare e essere paziente. La società dovrebbe farsi furba e usufruire di questa forza, ma viviamo in tempi ottusi».

Attaccata sui social perchè non vedente o donna?

Annalisa Minetti

Attaccata dai social perchè è non vedente o donna?

La cantante Annalisa Minetti, non vedente, è stata attaccata duramente sui social perché diventata mamma per la seconda volta. Confesso di non essere propriamente un estimatore della cantante: le sue sparate contro i cani guida, contro l’uso del bastone bianco e uno strano giudizio sull’autonomia personale, mi trovano in totale disaccordo, ma sono sempre più allergico a questi attacchi che nascondono, neanche poi troppo, una patologia da non sottovalutare. Il problema sono i social o davvero si pensa che una donna con disabilità non possa diventare madre? La sua disabilità condiziona il suo diritto di diventare genitore? Perchè Andrea Bocelli, non vedente pure lui, può avere figli e la Minetti no? Si è scatenata una tempesta dopo che lei ha pubblicato su Instagram una foto con in braccio la sua ultima nata, Elena, mentre festeggia un bel 27 all’università. Un duro affronto per gli haters (odiatori). Ma ecco un campionario di accuse: “ma come, sei disabile, canti, balli, presenti programmi, e ora diventi anche mamma per la seconda volta?” “Come’è possibile raccogliere così tante medaglie dal paniere della vita partendo da una condizione come la tua?”, “io certo non vorrei fare cose oltre la normalità solo per apparire normale”. E ancora: “sei una persona piena di sé, sei una privilegiata”, “io Non avrei messo al mondo dei figli che non potrei mai vedere”.
Ma non succede solo alla Minetti; Anche la campionessa paraolimpica Bebe Vio, ha dovuto incassare insulti anche più pesanti. Nel mio piccolo anche io sono stato apostrofato su Instagram dove ho inviato una foto: “abbiamo capito che non hai gli occhi, ma sono cazzi tuoi e non sei neppure intelligente, mi stai sul …. “. Naturalmente, dopo un minuto di stupore, il poveretto è stato immediatamente bloccato.

Secondo me i social stanno sfuggendo al nostro controllo e L’invidia sociale galoppa e monta sulla rete. I social network dovevano rappresentare l’alba di una democrazia finalmente compiuta e invece sembra stiano diventando uno strumento di odio e inciviltà. La tecnologia è molto più avanti rispetto alla comprensione che noi abbiamo dei suoi effetti su noi stessi. Tant’è vero che sta producendo delle conseguenze che non avevamo proprio previsto. Come sostiene la psicanalista americana Sherry Turkle, dovremmo amare “la nostra tecnologia a sufficienza da cercare di comprenderla e amare a sufficienza noi stessi da comprendere gli effetti che essa ha su di noi”. E’ evidente il fatto che un certo uso dei social sta innescando una pericolosa deriva, una inesorabile dissoluzione della civiltà. non esiste solo la mamma, ma anche la figura paterna e le rispettive famiglie. Chi sui social attribuisce alla Minetti il privilegio di avere chissà quale rete intorno, dimostra come oggi tendiamo a pensare agli altri come individui isolati e soli, fuori dalla comunità. Il problema è che oggi ci aspettiamo sempre più dalla tecnologia e sempre meno dagli altri. Invece dovremmo poter pensare a una società che ti aiuta e ti assiste, soprattutto se sei in una condizione di fragilità. E in Italia, esiste per fortuna una tradizione, non sempre adeguatamente valorizzata, composta dal terzo settore, dalle associazioni, dal volontariato». Una rete preziosa che si occupa delle nostre fragilità. Questa rete è messa a dura prova anche da questi atteggiamenti sui social; pensiamoci.

autonomia e tecnologia: un binomio inficiato da pregiudizi.

AUTONOMIA E TECNOLOGIA.

Vorrei trattare, per restringere il campo, di autonomia in relazione alle disabilità e al rapporto ormai assodato che esiste con la tecnologia. Facciamo però alcuni distinguo:
A – l’autonomia è auspicabile per tutti ma, è un traguardo che implica costanza e un dispendio in competenze ed energie e soprattutto, la si deve voler conseguire fortemente;
B – è un concetto ampio e ciascuno può raggiungere l’autonomia in un campo e non in altri, così: se posso essere indipendente in informatica, potrei non riuscire ad esserlo in mobilità o in cucinab
C – L’autonomia reale è impossibile per chiunque e, a magior ragione, è un miraggio per un portatore di handicap. Noi esseri umani, in quanto animali sociali, siamo sostanzialmente interdipendenti gli uni dagli altri: io potrei installare un sistema operativo su un pc ma, avrò bisogno di un meccanico per farmi riparare l’auto, che poi io in quanto non vedente, non potrei neppure guidare.
Ciò premesso, cominciamo a sgombrare il campo da qualche pregiudizio sull’argomento. è opinione piuttosto diffusa che la tecoologia rende autonomi e troppo spesso, ogni innovazione tecnologica è accolta con aspettative troppo alte: oserei dire miracolistiche.Sarebbe divertente elencare qualche articolo giornalistico dal titolo roboante del tipo: (inventata la nuova retina artificiale che donerà la vista ai ciechi), oppure, (con le nuove auto con guida automatizzata, anche i ciechi potranno utilizzarla) e potrei continuare con telecamere che leggono, riconoscono e via di seguito. ANzitutto una considerazione già esposta in articoli precedenti: la tecnologia, proprio perchè utilizza un apparato, rende dipendenti dall’apparato stesso. Io sto scrivendo ad esempio, con un display Braille che funziona alimentato o a batteria che, se fosse scarica, non mi consentirebbe di scrivere o leggere, ma di esempi ne potrei fare moltissimi altri: non potremmo viaggiare se il serbatoio dell’auto fosse vuoto eccetera. Allora è più corretto affermare che la tecnologia è un grande aiuto, e risolve gradualmente innumerevoli difficolt[. Rende possibili operazioni impensabili solo qualche anno fa, concede enormi opportunità. Però non risolve radicalmente la nostra “gognata autonomia, e a volte, bisogna volerlo risolvere. E poi, a parte le difficoltà psicologiche, i limitidi ciascuno di noi, la scarsa informazione, esiste, la grande difficoltà di comprendere la reale portata di certe tecnologie, la grande fatica per acquisire le competenze necessarie. Tutti ostacoli reali d non sottovalutare: insomma la lotta è ardua ma una grande motivazione, la soddisfazione di godere il frutto dei piccoli risultati conseguiti quatidianamente, ci rendono più forti e desiderosi di poocedere oltre.

ANATOMIA DEL PREGIUDIZIO

Siamo tutti vittime e carnefici, nessuno escluso: tutti sopesati, analizzati (sommariamente),giudicati dal nostro intuito che crediamo infallibile. Abbiamo fretta anche nei giudizi su cose e persone, ci lasciamo influenzare da opinionisti improvvisati, amici e colleghi superficiali come noi, articoli di giornali e non ultimi, dai social e da internet. Ebbene si, siamo incrostati da pregiudizi su tutto.
Qui il video sul mio canale youtube:

Ma cos’è il pregiudizio/ Wittgenstein lo definisce un “crampo mentale”, mentre per Albert Einstein, «È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio”. Dal latino Prae (prima) Iudicium (giudizio), indica quel giudizio dato prematuramente, senza conoscere gli argomenti pro e contro. I pregiudizi sono durissimi a morire e ci condizionano in tutte le nostre scelte.
Ma cosa determina il Pregiudizio? Credo la fretta: abbiamo troppe cose da pensare e fare; il desiderio di essere accettati dal nostro gruppo o ideologia di riferimento: siamo comunque animali sociali; ma soprattutto la paura. Paura del diverso, del nuovo che mi obbliga a fare la fatica di conoscere e analizzare; e ancora la generalizzazione: quello è così perchè è marocchino o italiano. Se solo ci potessimo fermare un attimo e riflettere, ci accorgeremmo della stupidità di alcuni luoghi comuni.
Io personalmente cerco di esorcizzare i pregiudizi, semplicemente ridendoci sopra. Credo che ridendo si possano dare spallate a questi pregiudizi atavici che piano piano svaniscono. Rido quando, da non vedente, sono accompagnato e le persone si rivolgono al mio accompagnatore nonostante sia io che ho posto una domanda. Ancora rido quando per parlarmi alzano la voce, come se oltre a non vedere fossi anche sordo: ci mancherebbe pure questo. Non sempre il sorriso viene spontaneo perchè una vittima del pregiudizio si sente discriminato, però la risata sdrammatizza, scioglie l’imbarazzo e tra l’altro fa anche bene.

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