“Ti prendo e ti porto via”: ovvero, come non fare una recensione.

Da poco tempo ho terminato la lettura del libro di Nicolò Ammanniti: (ti prendo e ti porto via). Già scritto che quando si conclude una storia si è attraversati da sentimenti contrastanti? forse si, già scritto; Dispiace abbandonare i personaggi che popolano le storie, li si vorrebbero ancora presenti, conoscere il seguito della loro esistenza letteraria. Allo stesso tempo, si ha voglia di passare ad un’altra storia, anche se non subito: certe esperienze devono sedimentare, fondersi nella nostra mente con i brandelli di altre storie. La nostra mente è una fucina che acquisisce manufatti di forme e colori diversi per forgiarli e costruire la nostra particolare originalità. Questo libro mi ha scortato in questi giorni di preoccupazioni, ho assunto una carica e ne sento tutto il peso, ha vivacizzato le notti insonni: se devo stare ore vigile con i sensi all’erta senza fare nulla, tanto vale ascoltare un frammento di libro, affidando a lui il compito di tirarmi via da questo status. Sono poi anche le situazioni che rendono il libro in lettura più o meno significativo. E così ho trovato davvero significative le ultime parole del libro, che poi sono il titolo stesso. Posso davvero affermare che in questo periodo il libro mi ha preso portandomi via e questo mi ha fatto bene. La lettura è così del resto! Ti porta via per riportarti a casa più forte e più ricco.

Meditazioni pasquali (2) Godete tutti di questa solennità bella e luminosa

Ancora niente tecnologia, torniamo sul pezzo da domani. Oggi siamo ancora sotto la Pasqua: disponibile per tutti, credenti e non. Ciascuno recupera ciò che più lo convince o attira o, semplicemente nnon sceglie che è già una scelta.

Meditazioni pasquali (2) Godete tutti di questa solennità bella e luminosa

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Wiko e i 5 consigli per evitare un uso improprio dei messaggi vocali

Già ho scritto di quanto possono essere utili per chi li scrive ma anche invadenti per chi li ascolta. Ecco 5 consigli che mi sembrano sensati, da sottoscrivere.

Wiko e i 5 consigli per evitare un uso improprio dei messaggi vocali

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In pulman: scrivere non è facile! tra scossoni e frenate.

Riprendo a fissare le idee nella scrittura fuori casa. Già ho scrito in treno lasciando rifluire il fiume dei ricordi:

ora provo a scrivere in pulman e quasi mi scappa il cellulare a causa di 2 frenate decise che hanno frenato i pensieri che, come il pulman, ripartono. Sono di ritorno dall’ufficio dove ho parlato per 6 ore: quando esco ho bisogno di minuti e minuti di silenzio e il ulman svolge questa funzione con metodo. Mi diverto a riorganizzare il pomeriggio, spesso passo in rassegna i vari social, le mail e a volte provo a concentrarmi sul niente. I continui scossoni mi tengono sveglio. Oggi invece aggrappato al sedile scrivo e, dopo un rodaggio di salti che mi fanno spostare le dita sulla tastiera, riesco perfino a scrivere come se le dita fossero delle sporgenze del cervello. C’era un tempo in cui prendevo l’autobus per andare a scuola; premuto e spremuto, in piedi, aggrappato disperatamente er resistere agli spintoni, ai pestoni ma, visto dal trampolino dell’età, era anche divertente. Ogni cosa a suo tempo, oggi non resisterei più a quelle sollecitazioni: son in un pulmino quasi vuoto e apprezzo lo stesso: il silenzio, l’attesa del pranzo, il flusso pigro e stanco dei pensieri.

Catastrofico down sui social di Marchetto Zucchemberg.

Una tragedia per parecchi milioni di assidui frequentatori di Facebook, whats app e instagram. Da mezza europa è giunta una pioggia di comunicazioni allarmate: “i social non funzionano”. Per contro, i messaggi su Telegram sono aumentati in misura esponenziale. Chissà cosa accadrebbe se per una settimana i social si fermassero: qualcuno potrebbe anche suicidarsi, molte attività che ormai si basano sui social, subirebbero delle battute di arresto e le persone? Le persone si ritroverebbero con ore ed ore di tempo libero da non sapere come gestire. Vorrei quasi provare a starci io per una settimana senza i social per vedere fino a che punto ne sono stato intossicato: quasi quasi ……

Gli assistenti vocali invaderanno pure le nostre auto.

Dopo aver conquistato gli smartphone ed essere entrati nelle case con gli smart speaker, gli assistenti vocali si preparano a invadere le automobili. Lo prevedono gli analisti di Abi Research, secondo cui tra cinque anni, nel 2023, saranno 20 milioni le auto che usciranno dalle concessionarie con almeno un assistente virtuale nell’abitacolo.
L’offerta sarà generata dalla domanda: le persone si stanno abituando a usare Alexa di Amazon, Google Assistant e Siri di Apple, e sperano di poter dialogare con loro anche mentre guidano. “Le case automobilistiche hanno capito che un numero crescente di consumatori può vedere un valore nell’essere in grado di controllare in auto i propri dispositivi smart e nel poter sfruttare l’ecosistema Apple, Amazon o Google mentre è al volante”, spiega il ricercatore Shiv Patel.
“Allo stesso tempo, queste aziende tecnologiche guardano al mercato automobilistico come a un nuovo business verticale per espandere il proprio brand e ottenere dati preziosi dai consumatori”, rileva Patel. Google ha stretto accordi con Volvo e Nissan-Renault, mentre Amazon ha annunciato una partnership con Audi.
La strategia delle case automobilistiche sta cambiando, osservano gli esperti. Se inizialmente hanno cercato di sviluppare un proprio assistente vocale, negli ultimi tempi aziende come Bmw e Audi hanno deciso di sviluppare sistemi che consentono la convivenza del proprio assistente con quelli di Google e/o Amazon. Che ne dite, forse in questi casi gli assistenti vocali sono più utili? 

Elogio della condivisione: pro e contro!

è divertente darmi un tema e cercare di svolgerlo con tutti i miei limiti. Oggi vorrei condividere qualche pensiero sulla condivisione: il concetto di condivisione, la sua essenza, il perchè si condivide o non si condivide.
Ora con i social troviamo tutti gli strumenti per condividere, pensieri, immagini, video, grandi verità e colossali cavolate. Ma: si tratta di reale condivisione, cioè, condividiamo cose nostre o ci limitiamo a girare cose non nostre? Siamo tutti copiaincollatori doc, al punto che a volte incolliamo imprecisioni, strafalcioni pregiudicando la qualità di quanto si condivide.
Ma, andiamo per ordine, cosa è la condivisione. Potremmo definirla come: l’utilizzo in comune di una risorsa, o l’uso congiunto di un bene. Si può anche riferire al libero uso di una informazione? certo che si. Ci voleva lo scrittore e drammaturgo George Bernard Shaw per riassumere in una frase l’importanza della condivisione per il progresso di una società:
«Se tu hai una mela e io ho una mela e ce le scambiamo, allora tu e io abbiamo sempre una mela ciascuno. Ma se tu hai un’idea e io ho un’idea e ce le scambiamo, allora entrambi abbiamo due idee»
Proprio bella! Condivisione allora è per necessità: siamo animali sociali e dobbiamo condividere oppure eliminarci vicendevolmente. Tim Kring, il regista e sceneggiatore che ha firmato Touch, uno dei serial filosofici di maggior successo negli Stati Uniti, è partito proprio da questa certezza:
«Noi abbiamo l’impulso innato di condividere le nostre idee. Il desiderio di essere ascoltati risponde al nostro bisogno di comunità: per questo continuiamo a mandare segnali. E per questo li cerchiamo negli altri»
E se condividere in Rete, ormai, fa parte della nostra quotidianità, c’è ancora un palcoscenico tutto da (ri)scoprire: il mondo reale. Perchè una mostra, un festival, un concerto, valgono di più (e più a lungo) se chi li ha vissuti può confrontarsi e ritrovarsi, prima, durante e dopo l’evento, con chi ha vissuto la stessa esperienza. Ma come mai non basta più essere spettatori? Ormai sappiamo che la partecipazione ad un evento, stimola una serie di sistemi percettivi differenti e più efficaci nel far passare il proprio messaggio. Senza contare i sicuri effetti benefici se è vero che, come precisa la psicologa e psicoterapeuta Michela Rosati, «quando ci entusiasmiamo o ci commuoviamo di fronte a quello che osserviamo, sentiamo e annusiamo, aumenta il nostro benessere psicologico: per questo l’approccio esperienziale, di condivisione, è ormai universalmente riconosciuto come il miglior modo di apprendere e conseguire risultati. Anche i gruppi, i team, le squadre raggiungono risultati sorprendenti proprio grazie alla Condivisione delle esperienze e delle competenze. IL famoso adagio: “chi fa da sè fa per tre”, sembra non avere più molto senso: certo la fatica è maggiore, dover limare, mediare, prosciuga energie e mette a dura prova la nostra pazienza ma, la complessità di ogni cosa, ha reso indispensabile la condivisione. Tempi duri per gli egoisti.

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