“Ti prendo e ti porto via”: ovvero, come non fare una recensione.

Da poco tempo ho terminato la lettura del libro di Nicolò Ammanniti: (ti prendo e ti porto via). Già scritto che quando si conclude una storia si è attraversati da sentimenti contrastanti? forse si, già scritto; Dispiace abbandonare i personaggi che popolano le storie, li si vorrebbero ancora presenti, conoscere il seguito della loro esistenza letteraria. Allo stesso tempo, si ha voglia di passare ad un’altra storia, anche se non subito: certe esperienze devono sedimentare, fondersi nella nostra mente con i brandelli di altre storie. La nostra mente è una fucina che acquisisce manufatti di forme e colori diversi per forgiarli e costruire la nostra particolare originalità. Questo libro mi ha scortato in questi giorni di preoccupazioni, ho assunto una carica e ne sento tutto il peso, ha vivacizzato le notti insonni: se devo stare ore vigile con i sensi all’erta senza fare nulla, tanto vale ascoltare un frammento di libro, affidando a lui il compito di tirarmi via da questo status. Sono poi anche le situazioni che rendono il libro in lettura più o meno significativo. E così ho trovato davvero significative le ultime parole del libro, che poi sono il titolo stesso. Posso davvero affermare che in questo periodo il libro mi ha preso portandomi via e questo mi ha fatto bene. La lettura è così del resto! Ti porta via per riportarti a casa più forte e più ricco.

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