La tecnologia per le persone, non il contrario.
Riporto un articolo da “Superando”, che trovo interessante fin dal titolo.
Come garantire che le nuove tecnologie, in continua evoluzione, siano anche accessibili, oltre ad evitare ulteriori potenziali rischi derivanti dalle stesse? A tale tema l’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, sta dedicando una serie di preziosi documenti, dai quali emerge come il principio guida debba essere il design inclusivo, alla base di tutti i prodotti e servizi, con il costante coinvolgimento delle stesse persone con disabilità.
La tecnologia per le persone, non il contrario: è stato questo il motto della Global Accessibility Awareness Day, la Giornata Mondiale dell’Accessibilita del 16 maggio scorso, evento voluto principalmente per sensibilizzare tutti coloro che si occupano di tecnologie digitali sui temi dell’accessibilità e dell’inclusività.
In tale occasione, l’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, ha reso pubblico il rapporto curato dai propri esperti di accessibilità e tecnologia, intitolato Plug and Pray? (letteralmente “Collega e prega?”), ovvero Una prospettiva per la disabilità su hhintelligenza artificiale, processi decisionali automatizzati e tecnologie emergenti (disponibile in lingua inglese a questo link).
Nella recente Direttiva dell’Unione Europea nota come European Disability Act o Euhropean Accessibility Act, si parla di accessibilità a largo raggio: treni, viaggi aerei, siti web pubblici, banche, e-commerce ecc. Con tale provvedimento, infatti, l’Unione Europea ha inteso fare pressione per regole e leggi coerenti e omogenee sull’accessibilità, più ambiziose di quelle vigenti in diversi Stati Membri.
E tuttavia, sebbene molti dei Fondi Europei non possano essere utilizzati per finanziare infrastrutture o progetti che non tengano conto dell’accessibilità per le persone con disabilità, resta ancora tanto da fare, rispetto alla continua evoluzione delle nuove tecnologie, sempre più presenti nelle nostre vite.
Oggi assistiamo quasi quotidianamente a nuove scoperte tecnologiche legate all’intelligenza artificiale, ad assistenti virtuali, alla cosiddetta “realtà aumentata”, alla robotica, agli ambienti intelligenti e così via. L’EDF, quindi, ha voluto esaminare l’impatto di queste tecnologie emergenti sulle vite di persone con disabilità, pubblicando nel proprio sito un vero e proprio “pacchetto” di documenti, ovvero:
° Un testo introduttivo di Shadi Abou-Zahra, esperto di strategie e tecnologie per l’accessibilità per il W3C (World Wide Web Consortium), il Consorzio Internazionale degli Standard del Web.
° Una presentazione del già citato rapporto Plug and Pray? (Una prospettiva di disabilità sull’intelligenza artificiale, il processo decisionale automatizzato e le tecnologie emergenti).
° Un webinar (seminario in rete) sul nuovo standard Design for All (“Progettazione per tutti”).
° Una video intervista del coordinatore politico del Forum, Alejandro Moledo, ad AXSChat, una community online aperta dedicata all’accessibilità.
Prossimamente, inoltre, è prevista anche una pubblicazione speciale, con la valutazione del Forum sull’European Disability Act e sui piani necessari a sostenerne l’implementazione.
Ma entriamo nel merito di quanto spiegato da Shadi Abou-Zahra. «Devo ammettere – scrive – che amo la tecnologia e le opportunità che offre a molte persone. Essendo tetraplegico, con problemi sia alle braccia che alle gambe, ho potuto completare la scuola e in seguito l’università con l’aiuto del computer portatile. Mi ha permesso, infatti, di prendere appunti, scrivere i compiti e organizzarmi in modalità impossibili per me con carta e penna. I progressi derivanti dal riconoscimento vocale e da quello dell’immagine, dalla connettività internet e dalla potenza di calcolo sono mozzafiato. È incredibile pensare che il cellulare nella mia piccola tasca sia di gran lunga superiore al mio ingombrante laptop che utilizzavo a scuola, e che sia anche notevolmente più economico. E tuttavia, nonostante le opportunità offerte dalla tecnologia, dobbiamo anche riconoscere e affrontare le numerose sfide e i rischi che pone. Ad esempio, con tutti i sistemi di pagamento contactless [“senza contatto”, N.d.R.] e con gli sportelli automatici (ATM), basta un terminale montato leggermente troppo alto per tenermi bloccato all’interno del parcheggio fino a quando non riesco a pagare il mio biglietto. Questo non accadeva quando i parcheggi erano gestiti da personale “umano”. Non mi si fraintenda: non sono contrario ai progressi tecnologici, chiedo solo che il terminale sia montato all’altezza appropriata, per rendere la tecnologia utilizzabile anche da me».
A quanto scrive Shadi Abou-Zahra, va aggiunto anche che i dispositivi di pagamento POS, se mancanti di tastiera fisica e provvisti solo di un sistema touchscreen non vocalizzato, costituiscono una barriera per un cieco, che deve necessariamente dettare il proprio codice PIN a qualcuno per effettuare il pagamento!
«Se da un lato la tecnologia si evolve alla velocità della luce – prosegue l’esperto dell’EDF – vediamo anche che le opportunità e le sfide si moltiplicano: Un mio amico non vedente che viaggiava da solo per affari ha recentemente testato una App mobile che utilizza tecniche di intelligenza artificiale per riconoscere oggetti e testo con la telecamera e l’ha usata per orientarsi in un albergo in cui era appena arrivato. La App gli ha spiegato la collocazione dei corridoi e ha letto i numeri delle porte sui cartelli in modo che potesse trovare in autonomia la propria stanza. Ciò è incredibile, considerando anche che la diffusione e l’uso tradizionale dell’intelligenza artificiale sono solo alle fasi iniziali. E tuttavia, il fatto che il mio amico stia utilizzando questa App è un’indicazione per il distributore della stessa, per il fornitore del sistema operativo e potenzialmente anche per l’operatore di telefonia mobile, che lui è cieco. In altre parole, non ci rendiamo conto che lasciamo sempre maggiori informazioni personali quando usiamo le nuove tecnologie e non è sempre chiaro come questi dati vengano utilizzati oggi e domani. Con l’intelligenza artificiale che permea i processi decisionali, questa è una minaccia vera e imminente: ad esempio, poiché molte persone con disabilità sono attualmente disoccupate, un sistema di apprendimento automatico (machine-learning) potrebbe erroneamente concludere che il mio amico è meno adatto al lavoro perché ha anche una disabilità».
Qual è dunque il tema comune agli esempi esposti da Shadi Abou-Zahra e come possiamo garantire che la tecnologia sia accessibile?
Nel suo impegno in àmbito di e-accessibility, il Forum Europeo sulla Disabilità afferma che:
° I prodotti e i servizi possono essere accessibili soltanto coinvolgendo persone con disabilità. La mancanza di consapevolezza e la mancanza di coinvolgimento degli utenti finali durante i processi di progettazione e sviluppo costituiscono infatti delle barriere.
° I gruppi di lavoro che si occupano di nuove tecnologie non sono abbastanza diversificati; l’industria, cioè, deve assicurare che i propri team riflettano la diversità della popolazione generale.
° L’accessibilità e i principi del design universale dovrebbero far parte dei programmi di studio in ambito di formazione di design, informatica, esperienza dell’utente e altri argomenti correlati.
° Le organizzazioni di persone con disabilità e quelle che si occupano di diritti digitali devono lavorare insieme.
In conclusione, si può dire che per evitare errori come un terminale montato in modo errato, un POS non accessibile o un sistema di assunzioni basato sul machine-learning che arrivi a conclusioni erronee, il design inclusivo deve diventare il principio guida affinché la tecnologia non sia più una questione di Plug and Pray?, ovvero “attacca la spina e prega (che sia accessibile)”, come usa provocatoriamente l’EDF nel titolo del proprio rapporto, bensì di Plug and Play, vale a dire semplicemente “attacca la spina e usa (senza problemi)”!
La tecnologia che non ci fa pensare : ‘Non basta munire tutti gli abitanti delle più grandi tecnologie possibili se nessuno sa, compreso gli inventori, come usarle in modo efficace. Invece di progredire con questi mezzi potentissimi, si regredirà più velocemente di quanto si avrebbe fatto senza.’
Sperimentato il voto completamente autonomo per i non vedenti.
Votare senza vedere, ma senza bisogno di assistente: la scorsa domenica 26, non è stato ancora possibile, ma presto potrebbe diventarlo, grazie a un dispositivo che in Israele è stato già sperimentato, in occasione delle ultime elezioni. Il dispositivo visivo “MyEye 2,0” è stato messo a disposizione di 12 seggi elettorali in tutto il Paese: ha permesso a chi ha una disabilità visiva di votare in completa autonomia. Sviluppato dall’azienda israeliana OrCam e presentato ufficialmente lo scorso anno a ExpoSanità di Bologna, questo dispositivo è una sorta di “occhiale parlante”, in grado di analizzare le informazioni scritte (in questo caso sulle schede) e comunicarle direttamente a chi lo indossa. Ciò permette agli elettori ciechi di selezionare il candidato corretto e quindi di confermare che la scelta è stata effettuata correttamente.
Lo avevo provato 2 anni fa, nella prima versione, con risultati abbastanza deludenti ma questa versione dovrebbe essere più performante; Il costo però è ancora direi proibitivo. L’ausilio consiste in una minuscola telecamera, che viene applicato magneticamente a un paio di occhiali e pesa poco più di 22 grammi. Altro dettaglio fondamentale: nessun dato viene memorizzato sul dispositivo, che elabora le informazioni offline in modo sicuro, tanto che gli esperti di sicurezza informatica in Israele ne hanno autorizzato l’uso durante le operazioni di voto.
Sono ovviamente molti altri gli ambiti in cui questo “occhiale parlante” può aiutare chi non vede: è in grado infatti di fornire indicazioni sulla strada o leggere un menù al ristorante, ma anche di memorizzare fino a 100 volti, in modo da informare subito le persone di chi si trovano di fronte. Può anche memorizzare i prodotti, o riconoscere le banconote – racconta ancora Geslevich – e ‘leggere’ i codici a barre: una persona andando in negozio e prendendo in mano il prodotto può sapere esattamente cos’è, ad esempio una bottiglia d’acqua, o la marca”.
OrCam Technologies è un’azienda israeliana fondata da due innovatori e scienziati israeliani esperti nella visione artificiale (sono anche i creatori di Mobileye, un sistema di assistenza alla guida per la prevenzione degli incidenti stradali). I due esperti hanno sviluppato OrCam MyEye nel 2010, ma il primo prodotto è stato venduto solamente nel 2015: i primi cinque anni sono stati dedicati esclusivamente allo sviluppo della tecnologia. Ora, per la prima volta, questo dispositivo viene impiegato durante le operazioni di voto, promettendo agli elettori ciechi quell’autonomia che oggi non possono avere.
“Questa è la prima volta al mondo che una tecnologia rivoluzionaria consente alle persone non vedenti e ipovedenti di esercitare il diritto di voto in modo indipendente e senza il bisogno di essere accompagnati – afferma il co-fondatore, presidente e CEO di OrCam Ziv Aviram – Grazie alla nostra cooperazione con il comitato elettorale, dimostreremo come la nostra tecnologia innovativa basata sull’intelligenza artificiale potenzia le vite di decine di migliaia di cittadini. Speriamo che il mondo adotterà il progetto pilota che sta guidando lo Stato di Israele e consentirà l’indipendenza per le persone cieche e altre persone ipovedenti in tutto il mondo”.
Ulteriori informazioni, immagini e video, qui:
http:\www.orcam.com/it/
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[wpvideo SMlMyK51 ]placeholder://L’11 maggio sono stato invitato ad “alessandria scolpita”, per toccare 4 riproduzioni di statue lignee dell’arte sacra del 500 alessandrino.
Si trattava di riproduzioni eseguite con la stampante 3 d, ma la particolarità consiste nel materiale: una resina che, assicurando una definizione maggiore, garantisce una piacevolezza al tocco, nonchè una percezione migliore dei particolari.
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