Rabdomante
Rabdomante
— Leggi su pernoiaefrustrazioneblog.wordpress.com/2019/03/31/rabdomante/
Greta e la strumentalizzazione dei “grandi”.
Riporto un articolo da Vanity Fair.it del 19.03.2019. Si può dissentire, dibattere, ma non instillare sempre il veleno dell’odio. La vergogna non è solo nei social ma in ogni parola che si sente al bar, negli uffici, nelle tv di cosiddetta opinione. Bisogna spezzare questo filo nero che sta avvolgendo troppe cose in questo mondo. E’ pericoloso voler sempre ghettizzare nel ruolo di Persona Malata: forse non è vero che l’ambiente è degradato? la globalizzazione sta uccidendo le particolarità delle culture, anche se è una persona con asperger a dirlo? Mi domando, ma dovevamo sentircelo dire da lei oppure potevamo accorgercene noi? e ancora, il fatto che molti non sappiano esattamente cosa è l’asperger o che i ragazzi che scioperano non abbiano la minima idea di cosa sia il buco dell’ozzono cambia lo scopo di questa rivendicazione? Possiamo a confrontarci sulle idee, sulle situazioni senza considerare chi le porta avanti.
Diverse persone hanno sentito la necessità di sminuire il lavoro e il carisma dell’attivista svedese, parlando della sindrome in termini scorretti. Ne abbiamo parlato con la terapista Marya Procchio dell’ASA.
«Senza l’Asperger, non avrei lottato così». Greta Thunberg, l’attivista sedicenne per il clima, ha sempre parlato della «sua» sindrome come un «dono»: «Se fossi stata come tutti, avrei potuto continuare come tutti gli altri. Avrei potuto rimanere bloccata nel social game, galleggiare nelle convenzioni e nel tran tran, e continuare come prima. Ma non posso, anche volendolo. La mia sindrome fa sì che io veda il mondo o bianco o nero, senza vie di mezzo», ha raccontato al Financial Times. «E che senta l’esigenza improrogabile di salvarlo». Eppure, i suoi detrattori l’hanno accusata di essere una ragazzina strumentalizzata (Nadia Toffa), «personaggio da film horror» (Rita Pavone), «malata di autismo» (Maria Giovanna Maglie).
«Diverse persone sentono la necessità di sminuire il lavoro e il carisma di questa ragazza, ma hanno difficoltà a parlare della sindrome in termini corretti», ci spiega la dottoressa Marya Procchio, educatrice professionale che fa parte del comitato scientifico dell’Asa (associazione sindrome di Asperger).
Che cos’è esattamente l’Asperger?
«È una neuro-diversità: il cervello di chi ha la sindrome di Asperger funziona su canali diversi, ha un modo di recepire e elaborare le informazioni diverso dalla maggioranza (neuro-tipicità). È come un sistema operativo diverso, quindi non si può guarire. Il quoziente cognitivo degli Asperger, però, non è deficitario, ma nella media o superiore a quello della maggioranza».
Qual è la sua origine?
«Non si sa ancora nulla di definitivo: i ricercatori stanno cercando di approfondire le indagini, ma per ora si pensa a una costellazione di elementi in gioco, a livello genetico, ambientale e non solo. Probabilmente non esiste una causa unica».
Asperger e autismo sono la stessa cosa?
«Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, (Dms 5) parla solo di spettro dell’autismo: la sindrome di Asperger è scomparsa. Le aree in cui possiamo riscontrare diversità o difficoltà sono le medesime: comunicazione e relazione sociale e interessi. L’Asperger è all’interno del continuum dell’autismo, ma il dibattito è ancora in corso: ci sono gruppi di genitori e specialisti che vorrebbero differenziarlo dall’autismo, in cui la qualità delle abilità comunicative e sociali è compromessa e il quoziente cognitivo può variare ed essere al di sotto, nella media o al di sopra della maggioranza».
È facile strumentalizzare un Asperger?
«In ogni persona ci sono delle diversità, ma nel suo modo di essere Asperger, Greta non può essere stata strumentalizzata: è lei ad avere scoperto la «sua» causa. Ha visto un documentario con un orso polare in difficoltà e ha rivelato che, se per gli altri quella era un’immagine come tante altre, per lei è stata la scintilla che l’ha spinta a impegnarsi. Le assicuro che molti dei ragazzi con cui lavoro sono davvero difficili da convincere, ed è molto difficile che un loro interesse possa venire strumentalizzato».
Si è anche parlato di Asperger come di una malattia. Che cosa non è la sindrome?
«Non è una malattia e non è un disturbo psichiatrico. Gli Asperger non hanno nessuna forma di deviazione sociale, non sono psicopatici, non hanno un disturbo di personalità».
Gli attacchi degli haters possono ferire Greta?
«Mi auguro che chi le sta accanto sappia tutelarla da eventuali eccessi, casomai lei dovesse risentirne, intristirsi o sovraccaricarsi. Ma lei è consapevole della correttezza della sua lotta e ben determinata sulla sua causa. Sa che il mondo non è sensibile a questa battaglia e ha messo in conto che di battersi per una questione difficile».
Sta anche aumentando la sensibilità sull’Asperger.
«Sì. Uno dei ragazzi con cui lavoro mi ha scritto che Greta «ha portato luce sull’Asperger come neuro-diversità e non come malattia». Le persone come lei possono lottare per qualcosa e fare la differenza».
di Monica Coviello
Se la società fosse più furba ….
Riporto un estratto da un articolo de “la repubblica”: perchè mi piacciono le iniziative originali e coraggiose e tanto meglio se provocatorie. Anche perchè davvero se la società fosse più furba, saprebbe cogliere dalle varie disabilità risorse e forze per ritemprarsi, per rigenerarsi. Chi combatte contro una disabilità, una ingiustizia, porta in sè valori positivi, è costretto a farlo e non perchè è migliore; Questi valori sono: la capacità di accettare, di lottare e di essere paziente.
La Repubblica del 08-03-2019
A spasso con Fiamma contro l’indifferenza
Fiamma Satta è una donna speciale, coraggiosa, con grande spirito di iniziativa.
«Le persone puntano a eliminare la disabilità. Quando giravo col bastone e non stavo ancora in sedia a rotelle, ai tempi del programma radiofonico Fabio e Fiamma, se andavo ospite in tv mi chiedevano: “Le dispiace se il bastone lo leviamo che non è tanto telegenico?”». Stavolta è protagonista con la sua carrozzella, si è inventata un format, A spasso con, con cui debutta domani su La7 alle 11 all’interno del programma di Myrta Merlino, che il sabato si intitola L’aria che tira- Il diario.
Va a spasso per Roma con Carlo Verdone. «Questo è un numero zero, ma la mia idea è cambiare il personaggio che mi spinge», racconta. «Non andiamo in giro a indagare, come faccio da anni sulla Gazzetta dello sport, quando denuncio l’inciviltà delle barriere o la mancanza di accessi per i disabili. Con il mio accompagnatore ci godiamo una passeggiata all’insegna della parola “inclusione”, perché la disabilità non sia più vista con compassione, paura o sospetto, ma sia considerata come un aspetto normale del vivere civile: vado al cinema, in libreria, a comprare un paio di mutande». La coppia non è passata inosservata: «Abbiamo girato a gennaio, è stato bellissimo», spiega la giornalista divertita, «pensavo che Carlo fosse più in difficoltà invece dopo dieci metri, nonostante Via Giulia sia una strada difficile, mi sono sentita sicura. Lo fermavano ogni dodici secondi, non c’erano le barriere architettoniche ma quelle umane. Ho scoperto quello che già sapevo, che è amatissimo». E con lei come si comportavano? «Con me erano incuriositi, non capivano bene cosa stessimo facendo, c’erano due operatori ma non giravamo un film».
“A spasso con” è una passeggiata contro il cinismo e l’indifferenza.
«Cosa vorrei che arrivasse al pubblico? Che la disabilità fa parte della vita, non si deve fare finta di niente, non bisogna voltarsi dall’altra parte. È ora di cambiare, stiamo tornando indietro col razzismo e l’emarginazione; è un momento difficile, lo sguardo si posa sempre su chi è diverso. Nella mia visione del mondo il disabile è portatore di forza. Chiunque stia combattendo è portatore di valori positivi, perché ha la capacità di accettare, lottare e essere paziente. La società dovrebbe farsi furba e usufruire di questa forza, ma viviamo in tempi ottusi».
Fare o non fare?
Oggi mi assilla un dubbio: ne scrivo qui perchè scrivere in un blog può servire anche a rischiarare la mente. Sono attivo in molti campi virtuali e non, partecipo a molte attività sociali di volontariato; forse a troppe. Credo che sia necessario in fondo sporcarsi le mani, impegnarsi quasi fino al limite, non lo faccio per cambiare il mondo, ma per mettere la mia goccia nell’oceano per risolvere qualche problema. Mettiamoci anche la passione per quello che faccio, la passione è una molla che ti fa compiere cose al di là della razionalità. A volte poi capita di farsi prendere un po’ la mano dall’iperattivismo con l’illusione che qualcosa cambi, che qualcosa si muova. Quando si supera il limite delle proprie forze e quando ci sono poche risorse perchè tutte già rastrellate, l’istinto sarebbe quello di fermarsi, rallentare.
Ecco, rallentare sarebbe auspicabile anche perchè, a parte l’inaridimento, la fatica, viene da pensare che per quanto uno faccia o si arrabatti, alla fine non cambia niente. Come scriveva Tiziano Terzani nel suo “la mia fine è l’nizio”, è un cerchio che si chiude: qualcosa cambia, si pensa che il progresso abbia prodotto dei risultati e ad un certo punto arriva un distruttore che cancella ogni cosa e si deve cominciare da capo. Allora meglio curare la crescita interiore? Meglio pensare a migliorare te stesso? Però, però, se pensi solo a te stesso migliori?
Carisma, questo sconosciuto.
COSA e’ IL CARISMA: CARISMATICI SI NASCE O SI Puo’ DIVENTARE?
Reagisco stimolato da un video: carismatici si nasce o lo si può diventare? Non mi riferisco al Carisma in senso religioso, che andrebbe approfondito meglio, ma psicologico: cioè quella capacità che ciascuno può avere o no di esercitare una attrazione sugli altri, influenzarli diventando un leader.
Secondo voi uno il carisma lo ha dalla nascita o può acquisirlo? Indipendentemente da ciò che ciascuno ne pensa, esiste una letteratura anche su questo. Vediamo in sintesi alcuni pilastri del carisma:
1 – Autostima: indica una certa sicurezza nei propri mezzi: il confidare nei propri mezzi, genera fiducia che attrae chi ne è carente. Una persona insicura non sarà certamente carismatica. Questa nei personaggi famosi magari può essere creata artificialmente dai midia
2 – Visione: le persone che riescono ad avere una visione, un progetto, una direzione di vita attirano a sè, perché vedono quello che gli altri non riescono proprio a vedere. Abbiamo personaggi come Nelson Mandela, Martin Luther King oppure visionari come Steve Jobs o Picasso.
3 – Costanza e determinazione: questi sono dotati di foloontà fuori dal comune e procedono oltre là dove le persone comuni si fermano. Penso a personaggi come Pietro Mennea, Alex Zanardi e molti altri che sono un esempio per molte generazioni.
4 – Azione: queste persone non solo parlano ma, agiscono, si coinvolgono e compromettono. Costoro riescono ad attrarre persone che possono portare avanti il loro progetto anche dopo di loro. Penso a don Bosco oppure a personaggi come Enzo Ferrari.
5 – Talento: ce lo vogliamo mettere il talento in una epoca in cui lo spontaneismo è al potere? Devi averlo o comunque lavorarci sopra ma soprattutto devi esserne consapevole. La consapevolezza determina la famosa vocazione: il sapere quale è la tua strada.
6 – Entusiasmo: se il capo comanda, il carismatico col suo entusiasmo coinvolge e ispira gli altri. L’entusiasta contagia le persone con le proprie emozioni e idee.
Ma allora possiamo aumentare la nostra dose di carisma, ammesso che lo si voglia? Credo di si, credo che il nostro vivere abbia bisogno di carisma. In sintesi sono convinto che sia utile:
1 – lavorare sulle nostre convinzioni limitanti passando dal “non riesco” a “ce la posso fare”.
2 – Coltivare il dialogo interno sui nostri talenti.
3 – Lavorar e sul nostro stile particolare che ci rende, non migliori ma unici.
4 – Crearsi intorno una buona reputazione su ciò che facciamo, i luoghi che frequentiamo.
5 – Coltivare il senso dell’umorismo e l’autoironia. Prendere sul serio le nostre passioni e non rimanere vittime dei nostri errori: le prime restano, i secondi semplicemente accadono e passano.
6 – Circondarsi di persone fantastiche. Conoscere tutti ma frequentarne alcuni.
7 – Cercare di valorizzarsi sia con se stessi che con gli altri. In pratica l’arte del sapersi vendere in senso buono: dare valore anziché sminuire.
Ovviamente ho scritto soprattutto per me, per tenere questi pilastri in debito conto e per poterci lavorare. Vediamo se qualcuno è riuscito ad arrivare fino alla fine di questo scritto: se ci siete riusciti, scrivetemelo nei commenti.
Il web
Il web
https://squarcidisilenzio.wordpress.com/2019/01/06/il-web/
— Leggi su squarcidisilenzio.wordpress.com/2019/01/06/il-web/
Ho lasciato il link di un articolo che sottoscrivo e condivido invitandovi alla lettura. Io parto da una esperienza diversa che porta a trarre le stesse conclusioni dell’articolo in questione. Ho cominciato con facebook timidamente, quasi contro voglia con l’account creato da un mio amico quasi contro la mia volontà. Così è stato anche con youtube che per 4 anni non ha visto un video. Poi ho individuato potenzialità e possibilità per far conoscere la mia attività, per dare un senso. Ho quindi raccolto le farie sfide sui social: pagina facebook, video tutorial su youtube, instagram che non digerisco proprio e da ultimo il blog. Davvero aveva ragione Umberto Eco quando affermava che:
«I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli».
Senza troppo approfondire, resta il problema: cosa fare, come difendersi o, se è ancora possibile, come bonificare, valorizzare. Ciascuno di noi sperimenta la sua strategia: indifferenza, bloccare gli odiatori o gli elementi di disturbo ma, su un punto credo non si debba negoziare. Abitare i social, affinare i nostri criteri di selezione, di scelta di contenuti e persone. Anche qui mi soccorre Umberto Eco, Bauman e molti altri: la cultura non è sapere tutto ma, sapere dove cercare ciò che ci serve in quel momento senza attingere nel fango dei pregiudizi, delle tesi già preconfezionate o smaccatamente populiste e demagogiche. La voglia di comunicare sinceramente esiste ancora e anche nei social al di là dei like, delle emoticons, delle immagini superficiali, dei distillati di odio e di invidia. Le perle ci sono anche qui e dovbiamo solo con pazienza affinare la nostra capacità di recuperarle.
Ludwig, il made in Italy che vi aiuterà con l’inglese gratuitamente
Ludwig, il made in Italy che vi aiuterà con l’inglese gratuitamente
Ludwig, il made in Italy che vi aiuterà con l’inglese gratuitamente
— Leggi su thepasswordunito.com/2018/12/31/ludwig-il-made-in-italy-che-vi-aiutera-con-linglese-gratuitamente/
PARLIAMO DI BOT: COSA SONO E COME SI USANO!
Non mi riferisco ai buoni ordinari del tesoro, croce e cruccio di molti economisti e di parecchie famiglie di risparmiatori, per i quali dichiaro la mia assoluta incompetenza. Mi riferisco ai Bot, abbreviazione di Robot: in informatica quei programmini che utilizzano l’intelligenza artificiale e accedono alla rete attraverso gli stessi canali utilizzati da noi umani; messaggi, chat, siti web.
Mi sono incuriosito perché ultimamente li trovo sempre più presenti e attivi in skype, in telegram e altri social. In realtà comimnciamo a trovarli un po’ dappertutto, google ne fa largo uso per indicizzare le sue pagine, ma anche altri servizi li utilizzano per automatizzare operazioni troppo complesse o macchinose per l’uomo: compilazione di messaggi automatici in risposta a richieste di utenti per esempio. In questi giorni ho avuto modo di fare un mini corso nel quale l’insegnante, diciamo così, era un fantomatico Bot, opportunamente istruito con tanto di risposte e spiegazioni.
Naturalmente, purtroppo come ogni cosa, viene utilizzato anche per scopi non proprio benevoli: il vituperato spam, l’acheraggio avendo la possibilità di introdursi in pc e reti, i profili falsi di facebook ed altri social che cominciano ad essere una piaga per noi poveri ignari utilizzatori. Desidero però soffermarmi su uno scopo che potrebbe prendere piede nel futuro prossimo sul quale molto si sta investendo anche se al momento moltissimi Bot lavorano nell’ombra; Se opportunamente configurato il Bot, può sostituirsi nelle risposte agli esseri umani al punto che di mese in mese è sempre più difficile distinguere le nostre conversazioni con persone o bot appunto. Così, se provate su skype, potrete trovare un bot che vi darà informazioni sui voli, utilizzando gli algoritmi di sky scanner. Oppure bing music preview che vi farà vedere ed ascoltare brani di musicisti, o quello che vi informerà su atleti o squadre di qualsiasi sport, e molti altri saranno implementati. I progressi degli ultimi anni sono dati dal fatto che i Bot sono in grado di apprendere dai loro stessi errori ma anche dalla loro interazione con le persone reali, riuscendo a dare risposte sempre più pèuntuali e precise. Possiamo immaginare allora servizi clienti con Bot che lavorano per dare assistenza, vendere;Bot che ci informano del meteo, orari di voli, Bot medici, sportivi, giornalistici, giuridici ed altr. Difficile prevederne gli sviluppi.
Mi sono così divertito a fare un video sul mio canale youtube, nel quale interagisco con i Bot.
COSA SI POTREBBE FARE PER VALORIZZARE LE RISORSE DEI DISABILI!
Prendo spunto da un comunicato dell’agenzia Adnkronos del 17-07-2017, UN TANTINO VECCHIO MA ANCORA ATTUALE.
In questo comunicato si sostiene che 8 disabili su 10 sono disoccupati, e che quindi si dovrebbe porre una particolare attenzione per l’inserimento e la valorizzazione dei disabili.
Certo! siamo portati a considerare le persone per quello che non hanno, piuttosto che per quello che, in base ad una analisi più attenta, potrebbero avere, e finiamo per disperdere risorse, capacità facendo pesare sulla collettività questa miopia.
Hai voglia di parlare di valorizzazione e di inserimento con delle cifre così disarmantie deludenti: i pregiudizi, come serpenti, di cui parlavo in un video sul mio canale, resistono e si perpetuano.
http://www.youtube.com/watch?v=f2HEK2nWcBc
In quest ocontesto desolante, la nuova figura del Disability manager, che dovrebbe avere competenze manageriali ed economiche, oltre che psicologiche e sociali, potrebbe giocare un ruolo importante. In Italia si tratta di una figura ancora poco sperimentata ma già ampiamente diffusa in Europa. Mi piacerebbe capire di più, definire meglio il ruolo ma soprattutto sapere quanto margine di man ovra ha: in pratica, cosa può fare di concreto per valorizzare le risorse dei disabili che sono davvero tante e possono contribuire allo sviluppo umano ed economico dell’intera nazione. Chissà se se si riesce ad approfondire questo tema in un qualche modo! Nel caso si potesse, lascio la tribuna aperta:
che idee avete del disability manager?
Può operare concretamente per la valorizzazione delle risorse dei disabili?
Chi è tenuto a promuovere iniziative tese a valorizzare competenze e sensibilità, lo ripeto, utili per tutti?